07 novembre 2024
Ecco su quali settori puntare dopo la vittoria di Trump
LGIM è tatticamente positiva sulle azioni nel loro complesso, mentre per quanto riguarda le obbligazioni mantiene la neutralità sui Treasury, anche se la recente revisione delle aspettative sui tassi d’interesse sta iniziando a rendere più attrattive le valutazioni
A differenza di quanto paventato da Barack Obama, non ci è voluto molto tempo prima che la vittoria di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca fosse evidente, con il suo Partito Repubblicano che è riuscito anche ad aggiudicarsi il controllo del Senato. Tuttavia, se da un lato ciò fuga le preoccupazioni per un aumento della volatilità dovuto a uno stallo, dall’altro fa sorgere molti interrogativi su come riposizionare un portafoglio d’investimento. A seguire, noi di LGIM presentiamo quelle che saranno le nostre scelte, basate sulle reazioni immediate dei mercati e su quelle che prevediamo per il medio termine.
Iniziamo dalle prime. All’annuncio di un secondo mandato presidenziale del tycoon, si è subito registrata una crescita dei rendimenti dei bond statunitensi e un rafforzamento del dollaro, dovuti al fatto che ora gli investitori vedono più probabili politiche più severe sul controllo dei migranti, nuovi dazi doganali e una fiscalità più accomodante legata al taglio delle tasse. Quest’ultimo punto è alla base dei risultati positivi che ha registrato l’azionario nella giornata di ieri. Tuttavia, non bisogna dimenticare che per poter procedere con un aumento di bilancio, il Grand Old Party ha bisogno di avere alla maggioranza anche alla Camera dei Rappresentanti, un evento che, al momento, non si è ancora verificato, dato che lo spoglio dei voti in alcuni distretti chiave non si è ancora concluso. Pertanto, le decisioni su come allocare le proprie risorse devono tenere conto di cosa succederebbe se Trump riuscisse a ottenere lo “sweep”, oppure no.
Qualora lo sweep, ovvero il controllo della Casa Bianca e delle due camere del Congresso si verificasse, allora le politiche sull’immigrazione e sul commercio menzionate prima sarebbero affiancate da una politica fiscale espansiva, a vantaggio soprattutto delle imprese e delle fasce della popolazione più benestanti. Ciò potrebbe essere positivo per i guadagni delle aziende americane, ma dall’altro lato potrebbe spingere a rivedere a rialzo l’inflazione attesa, che però potrebbe essere a sua volta smorzata da costi dell’energia inferiori, se l’impiego di combustibili fossili dovesse essere deregolamentato. In generale, noi di LGIM riteniamo che, in questo scenario, a trarre i maggiori vantaggi saranno il dollaro e le azioni, mentre l’aumento dei rendimenti potrebbe affossare le obbligazioni governative.
L’impatto sulle obbligazioni corporate, invece, non è semplice da valutare, dato che gli interessi più elevati da una parte e i guadagni in crescita dall’altra sono forze contrastanti e oggi è difficile prevedere quale prevarrà. Il segmento High yield sarà quello che crescerà di più, mentre il credito dei mercati emergenti potrebbe soffrire l’apprezzamento del dollaro, anche se potrebbero nascere degli outsider anche in quest’area, a seconda dell’andamento della geopolitica e del prezzo del petrolio.
A livello di settori, in caso di sweep, la deregolamentazione alla base del programma politico di Trump andrebbe a vantaggio soprattutto della finanza e dell’energia, mentre le tariffe danneggerebbero l’automotive globale.
Tuttavia, qualora Trump non dovesse riuscire ad ottenere la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, il medio termine potrebbe assumere connotati molto diversi da quelli appena descritti. Infatti, il nuovo presidente potrebbe comunque applicare i suoi provvedimenti contro gli immigrati e sulle importazioni, ma senza essere accompagnate da politiche di crescita, che per diventare legge necessitano dell’approvazione del Congresso.
Un esempio di provvedimento che potrebbe saltare è il taglio delle tasse per le imprese. In questo caso, l’impatto sui titoli di Stato statunitensi sarebbe misto e probabilmente neutrale. Lo stesso dicasi per il dollaro. I mercati azionari e creditizi, invece, potrebbero essere influenzati negativamente dalla mancanza di tagli fiscali e di deregolamentazione, ma a subire un impatto particolarmente duro sarebbero i mercati emergenti, per via del potenziale aumento delle tariffe.
Nell’attesa che uno dei due scenari si concretizzi, guardando al contesto macroeconomico più ampio si osserva che non solo negli Stati uniti, ma in tutti mercati sviluppati stanno vedendo l’inflazione tornare su livelli standard e che le prospettive di crescita Usa sono solide e basate su fondamentali che vanno al di là delle elezioni, come gli scarsi segnali di debolezza degli utili societari. Di conseguenza, noi di LGIM siamo tatticamente positivi sulle azioni nel loro complesso. Per quanto riguarda le obbligazioni, invece, manteniamo la neutralità sui Treasury, anche se la recente revisione delle aspettative sui tassi d’interesse sta iniziando a rendere più attrattive le valutazioni. Infine, continuiamo a ritenere che il compromesso tra rischio e rendimento nel credito Investment grade non sia interessante, con portafogli dinamici che sottopesano quest’asset class.
(Articolo a cura di Matthew Rees, Head of Global Bond Strategies di Legal & General Investment Management)