Anche se i tagli dei tassi hanno subito un’accelerazione in molte economie, i rendimenti non hanno registrato l’attesa riduzione, poiché l'inflazione si sta rivelando più persistente del previsto, mentre la crescita negli Stati Uniti continua a sorprendere al rialzo. Questo si è chiaramente riflesso nei prezzi dei Treasury, con i rendimenti dei titoli a 10 anni superiori di 100 punti base rispetto a quando la Fed ha iniziato a tagliare i tassi a settembre. E sebbene le dinamiche economiche siano diverse tra le varie economie, il riprezzamento dei tassi statunitensi si è rivelato un catalizzatore per le vendite nella maggior parte degli altri mercati obbligazionari governativi, dei Paesi sia sviluppati che emergenti.
Il quarto trimestre si è chiuso con un andamento negativo per gran parte del comparto obbligazionario, sebbene le asset class a rendimento più elevato siano riuscite a resistere a questi aumenti.
I flussi degli investitori a lungo termine nelle obbligazioni governative sono stati generalmente deboli alla fine del trimestre nella maggior parte delle aree geografiche. E mentre i Treasury hanno registrato vendite nette, ci sono segnali che gli investitori stiano iniziando a "comprare sui ribassi".
Analizzando l'attività sui Treasury in base alla scadenza, si osserva un forte interesse per le scadenze brevi, mentre quelle lunghe si sono spostate verso una posizione neutrale nel corso del trimestre. Lo stesso non si può dire per la maggior parte dei mercati obbligazionari governativi europei, che hanno avuto flussi negativi da parte degli investitori dopo che la Bce ha tagliato i tassi quattro volte lo scorso anno. Alcuni settori che stanno riscontrando un rinnovato interesse beneficiano sia di livelli di rendimento più elevati che di un'esposizione a una duration non troppo elevata, come le obbligazioni societarie e i mortgage back security.
I Treasury cercano di trovare un punto di equilibrio
È statu un fine d'anno difficile per gli investitori in Treasury, con una crescita e un'inflazione più forti che hanno messo in crisi i piani di normalizzazione dei tassi della Fed. I potenziali effetti inflazionistici delle politiche tariffarie e di immigrazione dell'amministrazione entrante non hanno fatto altro che alimentare le già accese preoccupazioni degli investitori obbligazionari. Sebbene il FOMC non possa ancora tenere conto nelle sue previsioni sui tassi degli effetti delle politiche fiscali ancora da definire, la svolta restrittiva arrivata così presto dopo aver iniziato a tagliare i tassi è indice dell'incertezza che la forte economia e l'ambiente politico “non convenzionale” hanno creato. Ad esempio, dopo il taglio dei tassi di 50 punti base a settembre, le previsioni della Fed sui tassi per il 2025 sono passate da tagli trimestrali ad aspettative semestrali. Sebbene questo cambiamento corrisponda in larga misura alle aspettative del mercato, apparentemente smentisce tutta la sicurezza che il taglio di settembre aveva cercato di trasmettere. Nel momento in cui scriviamo (17 gennaio 2025, ndr.), il mercato è ora fiducioso su un solo ulteriore taglio dei tassi quest'anno, un margine di errore piuttosto limitato che può essere facilmente modificato per segnalare che abbiamo già raggiunto la fine del processo di normalizzazione della politica monetaria.
Flussi deboli sia per le obbligazioni dei mercati sviluppati che per quelle dei mercati emergenti
Rendimenti più elevati non sono affatto limitati al mercato dei Treasury, con l'indice aggregato globale in calo di oltre il 2% a dicembre, superando le perdite registrate sia dall'indice aggregato statunitense che da quello dei Treasury. Di certo, l'aumento di 30 punti base dei rendimenti dei Treasury a 10 anni da quando la Fed ha tagliato i tassi lo scorso mese, è stato in gran parte replicato dalla maggior parte dei mercati obbligazionari sovrani dei Paesi sviluppati e da molti dei principali mercati emergenti in valuta locale. La maggior parte di questi mercati obbligazionari ha inoltre registrato un movimento di steepening delle curve, sebbene ciò sia dovuto a una combinazione dell’aumento del premio per le scadenze più lunghe e di aspettative di inflazione più elevate. Questo scenario contrasta in parte con quello degli Stati Uniti, dove lo steepening ribassista è stato guidato in modo significativo dall’aumento dei rendimenti reali.
La riluttanza ad aumentare l'esposizione al mercato obbligazionario è evidente nei nostri dati di asset allocation, che mostrano un'esposizione obbligazionaria al livello più basso dalla crisi finanziaria globale, con gli investitori che mantengono una posizione sovrappesata sulle azioni. Dal punto di vista dei flussi degli investitori, quella che all'inizio del trimestre sembrava una timida ripresa dei flussi verso le obbligazioni sovrane dei mercati emergenti si è successivamente invertita, e l'interesse relativo per le obbligazioni sovrane sia dei mercati emergenti che di quelli sviluppati si trova ora solo nel primo quartile. Sebbene le tendenze recenti abbiano mostrato un miglioramento dei flussi nei mercati sviluppati, questi restano relativamente deboli, anche se dovrebbero stabilizzarsi se i recenti acquisti sui Treasury rimangono positivi. Al contrario, tutte le nostre metriche sui mercati emergenti indicano un indebolimento dei flussi nelle quattro regioni EM che monitoriamo, con evidenti vendite nette . Considerando che l'imposizione diffusa di dazi potrebbe rappresentare una sfida particolarmente difficile per le economie dei mercati emergenti, queste tendenze potrebbero persistere fino a quando non ci sarà maggiore chiarezza sulle priorità dell’amministrazione Trump.
Aumenta la propensione al rischio per le obbligazioni High yield
Le obbligazioni High yield (HY) sono spesso più strettamente correlate ai mercati azionari che a quelli obbligazionari. Non sorprende quindi che l'anno scorso l'High yield sia stata l’asset class obbligazionario più performante. Con una scadenza media inferiore ai 5 anni, le obbligazioni HY hanno evitato gran parte della volatilità legata alla duration che ha afflitto molte altre asset class obbligazionarie. E sebbene gli spread creditizi siano recentemente ritornati a livelli visti l'ultima volta più di un decennio fa, i rendimenti medi complessivi superano ancora il 7%, rispetto a oltre il 7,8% in media della prima metà del 2024. Le preoccupazioni per l'aumento dei costi di rifinanziamento non hanno scoraggiato gli acquisti nel mercato primario: le emissioni sono aumentate del 60% rispetto ai livelli dell'anno precedente, nonostante la compressione degli spread e il calo generale dei rendimenti.
Con gli spread ancora vicini ai minimi decennali, gli investitori in titoli High yield devono effettuare le necessarie valutazioni per capire se il recente rally è destinato a interrompersi. Dal punto di vista dei flussi, continuiamo a vedere acquisti da parte degli investitori, con flussi in aumento costante nell'ultimo mese che hanno attualmente raggiunto il 65° percentile. Si tratta dei flussi più forti dalla scorsa primavera, quando ci si aspettava che la Fed iniziasse il ciclo di tagli. E sebbene le aspettative sulla Fed siano diventate decisamente più hawkish, gran parte di questo cambiamento si è basato su prospettive economiche in miglioramento. In generale, l’allocazione in obbligazioni rimane vicino al suo minimo storico, sebbene abbiamo assistito ad un suo aumento, principalmente a spese della riduzione dei livelli di liquidità. Con la probabilità di recessione che resta bassa, un reddito stabile e elevato continua a sostenere flussi positivi da parte degli investitori.
PriceStats: L'inflazione chiude l'anno con una nota positiva
Le speranze del ritorno alla normalizzazione dell'inflazione sono ultimamente passate in secondo piano, con la Fed e altre Banche centrali che segnalano prezzi più alti in molte delle economie sviluppate. E sebbene dicembre offra spesso un periodo di respiro per l’inflazione, il nostro indicatore PriceStats sui livelli dei prezzi dei beni online mostrano livelli più alti della media alla fine dell'anno. Questo non dovrebbe generare panico, poiché molti di questi dati mensili dell'inflazione sono ancora ad una cifra, sebbene, rispetto alla deflazione evidente che spesso accompagna gli sconti natalizi di dicembre, tali variazioni rispetto ai modelli storici meritano attenzione.
Ad esempio, negli Stati Uniti, l’indice PriceStats mostra un aumento mensile di 9 punti base a dicembre, un valore non eccessivamente preoccupante, ma non così positivo se confrontato con il tipico calo di 5 punti base che osserviamo durante questo mese. Questo incremento, unito a effetti di base meno favorevoli, significa che stiamo iniziando il 2025 con un'inflazione dei beni online negli Stati Uniti superiore al 2% per la prima volta da agosto. I dati dell’Eurozona sono meno rassicuranti, con dati mensili superiori a +30 punti base. Questo porterà il dato annuale sopra il 2% per la prima volta nel trimestre, con i prezzi che sembrano aver toccato il minimo a ottobre. La Banca d’Inghilterra si trova in una situazione simile, con rilevazioni mensili di +32 punti base, riportando l’inflazione annua sopra il 3% per la prima volta dalla fine dell'estate.
Il proseguimento di questi trend potrebbe costringere molte Banche centrali a riconsiderare i piani di taglio dei tassi, che attualmente rappresentano ancora lo scenario di base per gran parte dei mercati sviluppati.
(Articolo a cura di Francesco Lomartire, responsabile per il Sud Europa di SPDR ETFs)